“The Voice of Hind Rajab” di Kaouther Ben Hania – Venezia 82
Nel cuore della 82ª Mostra del Cinema di Venezia, un film ha scosso la platea in un silenzio pesante quanto necessario. The Voice of Hind Rajab, nuovo e potentissimo lavoro di Kaouther Ben Hania, è un’opera che non racconta solo una storia, ma preserva una memoria. Una voce. Quella di una bambina di sei anni che, sotto il fuoco a Gaza, chiama disperatamente aiuto. E che il mondo ha lasciato sola.
Basato su eventi reali e sul drammatico audio originale registrato dalla Palestine Red Crescent Society, il film si apre con una telefonata d’emergenza del 29 gennaio 2024: una bambina, Hind, è intrappolata in un’auto crivellata dai colpi. In linea con lei, alcuni volontari cercano con ostinazione di raggiungerla, mentre il tempo si dilata in un’attesa che si fa incubo.
Ma The Voice of Hind Rajab non è un documentario. O almeno, non lo è in senso stretto. Come nella sua opera precedente, Four Daughters, candidata all’Oscar 2024, Ben Hania costruisce un ibrido emozionale, dove la narrazione si muove tra documentazione e finzione, tra cronaca e memoria. La bambina che sentiamo è davvero Hind. La sua voce – fragile, lucida, straziante – è l’anima pulsante del film. Tutto il resto, dagli attori al dispositivo cinematografico, si muove per proteggerla, amplificarla, non tradirla.
Il peso dell’assenza
La forza devastante del film risiede proprio nella sua scelta di “non inventare”. Gli attori palestinesi che interpretano i soccorritori – tra cui Saja Kilani, Motaz Malhees, Amer Hlehel e Clara Khoury – recitano ascoltando nelle orecchie la vera voce di Hind. Le parole che pronunciano non sono scritte: sono le stesse dette dai loro corrispettivi reali. Quello che vediamo è rievocazione, è testimonianza, è responsabilità.
La regista ha dichiarato: «Il cinema non spiega. Ricorda. Non argomenta. Fa sentire». E in effetti, lo spazio che il film costruisce è quasi liturgico: ogni sguardo, ogni silenzio, ogni sospiro sembra scolpito nel dolore e nel rispetto. Non c'è retorica. C’è pietà. E c’è una denuncia sussurrata, proprio perché tanto più potente.
Una madre, una promessa
La decisione di realizzare il film è nata solo dopo l’approvazione della madre di Hind, Wessam, che ha scelto di condividere la storia della figlia non per vendetta, ma per amore. In un mondo che rischia ogni giorno di archiviare tragedie come questa sotto la colonna “eventi collaterali”, The Voice of Hind Rajab rimette al centro la dimensione umana, l’unicità di una voce che non può e non deve essere dimenticata.
Una produzione di respiro globale
Il film, presentato in Concorso a Venezia e poi al TIFF di Toronto, è prodotto da tre figure di spicco del cinema internazionale: Nadim Cheikhrouha (storico collaboratore della regista), Odessa Rae (Oscar e BAFTA per Navalny) e James Wilson (The Zone of Interest). Un team che ha saputo mettere il proprio mestiere al servizio di una narrazione che esigeva delicatezza e coraggio.
La fotografia firmata da Juan Sarmiento G. è cruda e al tempo stesso poetica, mentre la musica originale di Amine Bouhafa accompagna i silenzi e le pause senza mai sovrastarli. L’intero comparto tecnico, dalla scenografia al missaggio audio, lavora in punta di piedi per costruire un film che è, prima di tutto, un gesto di ascolto.
Cosa ne pensano nel mondo
Le prime reazioni internazionali hanno confermato l’impatto emotivo e politico del film. The Guardian ha parlato di «un pugno nello stomaco che impone riflessione». Variety lo ha definito «un'opera necessaria, che reinventa la forma del cinema politico». E The Hollywood Reporter ha sottolineato la potenza di un film che «non grida, ma incide profondamente».
Ma a colpire, forse ancor di più, è il consenso spontaneo che si percepisce camminando tra le proiezioni e i corridoi della Mostra: chiunque abbia visto il film condivide lo stesso pensiero – The Voice of Hind Rajab meriterebbe il Leone d’Oro. Non come gesto simbolico, ma come riconoscimento a un cinema che sa farsi testimonianza, memoria e giustizia.
A cura Claudio Napoli ONOFF MAG Web Development SEA Stefano Albis Copyright © www.ONOFFMAG.com
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