Al Festival di Venezia 2024, Familia è arrivato in punta di piedi nella sezione Orizzonti, ma ha colpito con la forza di un fulmine. Il nuovo film di Francesco Costabile, già regista del potente Una femmina, esplora con cruda sensibilità il dolore sommerso che alberga all’interno di un nucleo familiare tossico, mettendo in scena una storia tanto personale quanto tristemente diffusa.
Fin dalle prime inquadrature, lo spettatore viene catapultato in un clima di inquietudine domestica. La scena iniziale – dei bambini che si coprono le orecchie mentre in casa esplode la violenza – è un pugno allo stomaco che segna la traiettoria dell’intero film: uno scavo emotivo che non fa sconti, un racconto che non cerca consolazione, ma verità.
Un ritorno a casa pieno di crepe
Il protagonista, Luigi, un ragazzo appena ventenne, torna nella casa d’infanzia dopo anni trascorsi lontano. Ad accoglierlo non c’è pace, ma il fantasma mai sopito di un padre violento e il peso di una madre sottomessa. La famiglia, che dovrebbe essere rifugio, si rivela una gabbia silenziosa. Il conflitto si insinua nei dettagli, nei dialoghi sussurrati, nei gesti trattenuti, in quello che non si dice più che in quello che si urla.
Costabile costruisce il racconto con grande controllo formale: movimenti di macchina asciutti, luci fredde, interni claustrofobici che sembrano riflettere il blocco interiore dei personaggi. La regia è essenziale ma precisa, ogni scelta estetica è funzionale alla tensione emotiva che il film mantiene costante.
Francesco Gheghi: un protagonista che incide
A dare corpo e anima a Luigi è Francesco Gheghi, attore giovanissimo che qui firma una delle interpretazioni più intense viste in laguna. Lo sguardo disarmato, la rabbia contenuta, la fragilità che si fa forza: la sua prova ha colpito nel segno, tanto da meritare il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile. Il pubblico ha accolto il suo nome con un applauso convinto, riconoscendo un talento raro, capace di dare volto e voce a un dolore collettivo.
Una ricezione accesa e partecipe
La proiezione veneziana ha lasciato la sala in silenzio. Gli applausi sono arrivati dopo, intensi ma misurati, quasi come un gesto di rispetto. Familia non è un film che si dimentica appena finiti i titoli di coda: resta dentro, stratifica emozioni, apre riflessioni. In molti, uscendo dalla sala, hanno parlato di un’esperienza necessaria. Il dibattito si è acceso all’istante: cosa vuol dire denunciare? Come si sopravvive alla violenza quando non è plateale ma quotidiana, sotterranea, radicata?
Un cinema che prende posizione
Con Familia, Costabile firma un film coraggioso. Non spettacolarizza la violenza, ma la racconta nel suo quotidiano, nella sua banalità devastante. Non cerca facili catarsi, ma semina dubbi. Non impone risposte, ma suggerisce urgenze. E lo fa attraverso un linguaggio cinematografico solido, consapevole, capace di mettere in discussione senza prediche.
Il successo veneziano di Familia non è solo critico ma soprattutto umano: perché è raro che un film riesca a toccare così direttamente corde profonde, comuni, e a trasformare una storia intima in una questione collettiva. È cinema civile, ma soprattutto cinema necessario.
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A cura della redazione di ONOFF MAG