“Vermiglio” di Maura Delpero: un ritorno alle origini, tra lutto, terra e rinascita
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti Extra, Vermiglio segna il ritorno dietro la macchina da presa di Maura Delpero, dopo il successo internazionale di Maternal. Con questa sua seconda opera, la regista altoatesina conferma una poetica personale e rigorosa, capace di unire tensione emotiva e precisione formale, dando voce a personaggi femminili profondi, lacerati, ma mai passivi.
Vermiglio è il nome della protagonista, interpretata da una magnetica Maria Roveran, ma è anche il colore del sangue, del dolore, della carne viva. E, simbolicamente, è il colore della memoria, di tutto ciò che brucia sotto la superficie. La storia si svolge in un villaggio montano del Trentino – luogo aspro, isolato, quasi fuori dal tempo – dove Vermiglio torna per seppellire la madre e per regolare i conti con un passato rimasto in sospeso.
Il film esplora il ritorno a un luogo d’origine come discesa nell’interiorità. La casa di famiglia, rimasta immobile nel tempo, diventa uno spazio teatrale dove si agitano presenze, silenzi, voci mai sopite. La regista costruisce il racconto attraverso ellissi, pause, e piccoli gesti che si caricano di significato. Non cerca la narrazione tradizionale, ma scava nelle tensioni sotterranee, nel linguaggio dei corpi, nel peso delle parole non dette.
Visivamente, Vermiglio è un’opera di grande bellezza: la fotografia di Krum Rodriguez cattura il paesaggio montano come una materia viva, fatta di nebbie, di boschi umidi, di interni scrostati e pieni di echi. Il sonoro gioca un ruolo centrale, restituendo ogni scricchiolio, ogni battito, ogni suono della natura come parte del mondo interiore della protagonista.
Ancora una volta, Maura Delpero si dimostra una regista di rara sensibilità nel trattare temi intimi e universali: il lutto, il senso di colpa, la maternità mancata o ritrovata, il rapporto con la terra e con l’eredità familiare. Ma Vermiglio è anche un film sulla possibilità di rinascita. Attraverso il dolore, la protagonista riscopre un legame profondo con le proprie origini, con la propria identità, forse persino con il futuro.
L’accoglienza della critica
La critica italiana e internazionale ha accolto Vermiglio con grande calore. Variety ha definito il film “un’opera di respiro europeo che conferma il talento visivo e narrativo di Delpero”. Cineuropa ha elogiato la “raffinatezza nella regia e l’uso poetico del paesaggio come specchio dell’anima”. Il Manifesto ha parlato di “una delle esperienze cinematografiche più intense della Mostra”, mentre La Repubblica ha sottolineato come Vermiglio riesca a “coniugare un racconto profondamente femminile con una regia che non ha paura del silenzio, del vuoto, della sospensione”.
Molti critici hanno notato l’evoluzione stilistica della regista rispetto a Maternal: se quel film si muoveva in una dimensione urbana e comunitaria, Vermiglio è un’opera più solitaria, immersa nella natura e nei non-luoghi della coscienza, ma sempre coerente nella sua esplorazione dell’identità femminile e della cura come gesto politico.
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