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Venezia 82 – Il Cinema come Speranza, Memoria e Scommessa sul Futuro

«Questa è una mostra, non un festival»: è da questa precisazione che prende forma la 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. E forse mai come quest’anno, la parola mostra torna a evocare non solo un’esposizione di opere, ma una visione ampia, stratificata e temeraria dell’arte cinematografica.

Sotto la guida del direttore artistico Alberto Barbera e la presidenza di Pietrangelo Buttafuoco, la presentazione della selezione ufficiale ha avuto il tono di una dichiarazione d’intenti: il cinema come spazio di consapevolezza, come testimonianza storica e slancio immaginifico. Non solo glamour e tappeti rossi, ma anche il coraggio di guardare al presente e alle sue zone d’ombra. A dimostrarlo, la scelta di aprire la conferenza con un estratto del film incompiuto di Franco Maresco dedicato a Goffredo Fofi, recentemente scomparso. Una clip intensa, quasi mistica, che ha dato il tono di ciò che seguirà.

 

Una Biennale aperta ai giovani e ai linguaggi ibridi

Barbera ha subito evitato i numeri e le percentuali («li trovate nella cartella stampa», ha detto sorridendo), scegliendo invece di lasciare che a parlare siano i film. Ma c’è un dato importante che affiora dal discorso inaugurale del presidente Buttafuoco: l’aumento esponenziale della partecipazione giovanile. Oltre 2.300 studenti universitari si sono accreditati quest’anno. Un segno chiaro che la Mostra è diventata anche laboratorio di idee, incubatore di futuri registi, spettatori critici e cittadini pensanti.

Un esempio concreto è il nuovo programma Biennale College Blend, pensato per attraversare le discipline e stimolare la creazione di opere ibride. E proprio nella sede dell’Archivio Storico – che il prossimo anno aprirà la sua nuova sede all’Arsenale – nasceranno nuovi progetti, tra ricerca e bottega.

 

I film in Concorso: da Sorrentino a Jim Jarmusch, da Herzog a Maresco

L’apertura ufficiale sarà affidata a “La grazia” di Paolo Sorrentino, di cui nulla è stato rivelato per non “rovinare la sorpresa”. Ma la lista dei 21 film in concorso è un viaggio nei linguaggi, nei paesi e nelle memorie del mondo. C’è Guillermo del Toro con il suo attesissimo “Frankenstein”, un’opera che rincorre da dieci anni. C’è Jim Jarmusch con Father, Mother, Sister, Brother, che riunisce in tre episodi attori come Cate Blanchett, Adam Driver e Tom Waits.

Tra i film italiani, oltre a Sorrentino, troviamo Leonardo Di Costanzo con “Elisa”, Pietro Marcello con “Duse”, Gianfranco Rosi con “Sotto le nuvole” (un bianco e nero filosofico e affettuoso su Napoli), e Franco Maresco con “Un film fatto per bene” – un autoritratto caustico e struggente, dove il cinema non si finisce, si abita.

Catherine Bigelow torna con “House of Dynamite”, thriller atomico di inquietante attualità. E poi il sorprendente “The Voice of Hind Rajab” di Claudia Benignià, che utilizza le vere registrazioni della chiamata di una bambina intrappolata in un’auto a Gaza: uno dei film più emotivamente potenti e potenzialmente divisivi della Mostra.

 

Fuori Concorso: i maestri, gli omaggi e il ritorno di Gus Van Sant

Fuori concorso, il ritorno attesissimo di Gus Van Sant con un thriller ispirato a un fatto vero, interpretato da Bill Skarsgård e Al Pacino. Ma anche Julian Schnabel con In the End of Dante, un film ambizioso che mescola crime story e letteratura. E Virgilio Villoresi, al suo esordio con “Orfeo”, film artigianale e visionario ispirato al poema-fumetto di Dino Buzzati.

Il cinema italiano trova spazio anche nella commedia con “Il Maestro” di Andrea Di Stefano e nel midnight movie di Paolo Strippoli, ambientato in un paese di montagna dal segreto oscuro.

 

Documentari: Herzog, Martel, De Gregori e Marianne Faithfull

La sezione non-fiction è una miniera. A partire da Werner Herzog, Leone d’Oro alla carriera, con Ghost Elephants, una spedizione thriller tra gli elefanti fantasma dell’Angola. O Lucrecia Martel con Nuestra Tierra, indagine sul caso dell’attivista indigeno Chocobar assassinato nel 2009.

Emoziona Nevergreen di Francesco De Gregori, che rilegge i suoi brani “minori” in un teatro da 250 posti, dialogando con artisti come Malika Ayane, Giovanotti e Elisa. E commuove Broken English, ritratto finale di Marianne Faithfull, guidato da Tilda Swinton e George MacKay.

Notevoli anche il documentario di Alexander Philippe su Kim Novak, altro Leone d’Oro alla carriera, e Cover Up di Laura Poitras, inchiesta su Seymour Hersh, tra i più grandi reporter d’inchiesta americani del Novecento.

 

Serie TV e nuovi linguaggi

Come da tradizione recente, anche le serie TV hanno il loro spazio: spiccano Portobello di Marco Bellocchio, A Prophet diretta da Enrico Artale (tratta dal capolavoro di Jacques Audiard), e la miniserie dedicata al Mostro di Firenze di Stefano Sollima.

Sorprende anche la selezione musicale: da Nino D’Angelo a Piero Pelù, fino allo strepitoso Newport and the Great Folk Dream, che rilegge gli archivi inediti del festival folk di Newport (1963–66), con Dylan, Baez e Pete Seeger.

 

Un’edizione per chi ha sete di verità

La metafora ricorrente nei discorsi di apertura è quella della “bottega” e della “sete”. Sete di conoscenza, di giustizia, di rappresentazione. Il presidente Buttafuoco, in un passaggio fortemente simbolico, cita Povera Patria di Battiato: “Non vi danno un po’ di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?”. E sottolinea come l’arte possa dare ciò che la cronaca e l’indifferenza negano: uno sguardo che scuote.

Ecco allora il senso profondo di questa 82ª edizione: un cinema che non si accontenta di essere vetrina, ma si fa specchio, veicolo, laboratorio e archivio vivo. Un cinema che, come ha detto lo stesso Barbera, è oggi sempre più una sfida editoriale, logistica e politica.

ONOFFMAG ci sarà, per raccontarvi tutto questo. Non solo i red carpet. Ma le idee, le visioni e le contraddizioni di un mondo in cui il cinema, ancora una volta, prova a essere la risposta.

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  • 22 luglio 2025
  • Cinema
  • Venezia
  • Claudio
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